Willy Vlautin è un grande musicista, frontman di band di successo (Richmond Fontaine, The Delines) e un grande scrittore, ma la musica ha sempre fatto solo una fugace apparizione nei suoi libri, nonostante da trent’anni faccia parte di band in tour e abbia scritto centinaia e centinaia di canzoni. Con questo romanzo colma la lacuna.
Al Ward ha sessantacinque anni e vive isolato nella concessione mineraria nel Nevada lasciatagli in eredità dal prozio. Oramai da mesi si sostiene solo con zuppe in scatola, caffè istantaneo e ricordi della sua vita da musicista.
La storia si dipana su due piani temporali: il presente che vede Al alle prese con un vecchio cavallo, derelitto e accecato, che ha fatto la sua improvvisa comparsa davanti al suo rifugio, a 1800 metri di altitudine, in mezzo alla neve e ai coyote, a cinquanta chilometri dal ranch più vicino; il passato che si dipana attraverso flashback che raccontano la vita da cantautore e chitarrista on the road, dai primi passi sulle pedane dei bar e dei casinò e poi oltre, in un crescendo di piccoli successi e occasioni mancate.
Con la sua scritture semplice, lineare ma mai banale o sopra le righe Willy Vlautin ci racconta una storia che ha il ritmo di una canzone triste che si trasforma in una toccante riflessione sulla solitudine, sulla forza d’animo e sulla musica come salvezza. Perché convivere con una band e trascorrere gran parte del tempo in tour può essere logorante e non molti ce la fanno a tenere il passo e questo romanzo è proprio dedicato a tutti gli sconosciuti musicisti che col loro lavoro rendono più gioiosa la nostra vita. Da leggere assolutamente.