A New York alloggiavo al Chelsea Hotel in una minuscola stanza al quinto piano arredata con due letti singoli e una chitarra. In fondo al corridoio c’era un ascensore ed è lì che una notte, intorno alle tre, ho incontrato una giovane donna. Le chiesi: “ Cerchi qualcuno? “. “ Si rispose lei, cerco Kris Kristofferson“. “Mia gentile signora sei proprio fortunata. Kris Kristofferson sono io “.
Finimmo uno tra le braccia dell’altra nel mio letto sempre disfatto, era facile che questo accadesse al Chelsea Hotel quelli erano tempi generosi. Mi hai parlato con fierezza e con amore dei lavoratori della canzone, loro sono ancora rimasti là ma tu sei andata via, hai voltato le spalle al pubblico e non ti ho mai sentito dire ho bisogno di voi, non ho bisogno di voi e di tutto quel vociare intorno.
Mi ricordo bene di te al Chelsea Hotel tu eri famosa, il tuo cuore era una leggenda. Mi dicevi ancora che preferivi gli uomini belli ma per me avresti fatto un’eccezione e per persone come noi che sono oppresse della bellezza tu fissando te stessa, hai detto: “ Non preoccupiamoci siamo brutti ma abbiamo la musica “.
Non ho intenzione di dire che ti ho amato con il meglio di me stesso, non posso prendermi cura di ogni pettirosso che cade a terra. Mi ricordo bene di te al Chelsea Hotel, questo è tutto, comunque non penso a te così spesso.
La storia di un edificio è fatta anche dall’umanità che vi ha vissuto. Questo è ancora più valido nel caso di un albergo che ha ospitato negli anni attori, scrittori, pittori, musicisti del circuito underground e che è stato il rifugio degli esponenti di primo piano della Beat Generation come Jack Kerouac, Allen Gisberg e William Burroughs. Il Chelsea Hotel costruito a New York nel 1884 è stato un luogo leggendario e negli anni le sue sale rivestite di marmo ne hanno viste di tutti i colori compreso l’arrivo di una sorta di zoo. Si trattava della prova dei costumi per l’Aida allestita da Katherine Dunham, con tanto di leoni, tigri e altri animali.
Gli acrobati si allenavano nei corridoi e i cantanti, alla ricerca di un angolo silenzioso, provavano i loro pezzi nei lenti e malsicuri ascensori. Nelle sue stanze, quasi mai specchio di ordine e di pulizia, Arthur C. Clarke lavorò insieme a Stanley Kubrick sulla scenografia del colossal di fantascienza 2001 Odissea Nello Spazio e Joni Mitchell compose CHELSEA MORNING. “ Il Chelsea è stato un bel posto dove vivere fino a quando Andy Warhol lo ha scelto come location del film CHELSEA GIRLS e ci ha costruito addosso una pessima reputazione. Niente era privato per Andy, viveva con la sua telecamera addosso “ dice la cantautrice canadese in un verso della sua canzone.
Negli anni ’60 il Chelsea Hotel era anche il centro di una fiorente cultura delle droghe tanto che, osservò Cohen: “ anche senza volere si finiva sempre in qualche trip, solo accettando l’ospitalità di qualcuno”. Si sentiva in sintonia con l’ambiente e una volta stabilitosi a New York non fu più possibile per lui tornare indietro nell’isola greca di Hydra che lo aveva ospitato per dieci anni. Ricorda Cohen: “ Il posto era pieno di stile e di possibilità “. Si rese ben presto conto che se avesse continuato a fare lo scrittore non avrebbe potuto sopravvivere perciò la musica gli sembrò un’ancora di salvezza, le poesie le aveva e pensò di risolvere con quelle le difficoltà economiche, un po’ come facevano i discepoli di Bob Dylan che mettevano in musica le loro composizioni poetiche. Anche se l’idea di salire su di un palco lo terrorizza, Cohen inizia a frequentare i musicisti che passano dal Chelsea, incluso Dylan che nella camera 205 strimpellava poesie in omaggio al poeta Dylan Thomas morto alcolizzato ma anche Joan Baez, Jimi Hendrix e Kris Kristofferson al quale aveva rubato l’identità per conquistare la cantante dal cuore spezzato.
Nel 1971 Cohen iniziò la scrittura di Chelsea Hotel #2 in un bar polinesiano di Miami e la terminò all’Imperial Hotel dell’Asmara nel 1973, tre anni dopo la morte di Janis Joplin. E’ lo stesso Cohen che durante un concerto ad Amsterdam nel 1986 rivela il nome della protagonista della canzone salvo pentirsene poco dopo ritenendo cosa indiscreta l’aver reso pubblici i particolari di un incontro che per diverse ragioni doveva rimanere riservato. Sembra invece che Janis Joplin non ne fosse particolarmente turbata e quando si rividero qualche tempo dopo lo avesse salutato con la frase: “ Sei tornato in città a declamare le tue poesie a delle vecchie signore? “. E nulla più.