Mi trovo quaggiù a mille miglia da casa, su una strada già percorsa da altri. Osservo il tuo mondo, fatto di cose e di genti, di poveri e di pezzenti, di principi e di regnanti.
Ehi,ehi, Woody Guthrie, ti ho scritto questa canzone, su un buffo vecchio mondo che ci portiamo dietro, sembra affamato e malato, è stanco ed è ferito, lo diresti moribondo ma è appena nato.
Ehi, Woody Guthrie, io però so che tu sai tutto quello che io racconto e ancora molto di più. Canto per te questa canzone ma non posso cantare tutto perché ce ne sono pochi al mondo che hanno fatto quello che hai fatto tu.
Canto per Cisco e per Sonny e per Leadbelly e per la gente buona che ha viaggiato con te. Per i cuori e le mani degli uomini che sono arrivati con l’arsura e se ne sono andati via nel vento. Partirò domani ma me ne potrei andare oggi.
Qui o là, durante i miei viaggi, l’ultimissima cosa che vorrei fare è di dire che anch’io ho fatto un gran brutto viaggiare.
Quando Bob Dylan arriva a New York con la testa piena di idee e l’ambizione di diventare più grande di Elvis Presley, non ha un posto fisso dove vivere e si appoggia ad amici e conoscenti approfittandosi della loro ospitalità fino a quando è forzato a trovare una sistemazione. A diciannove anni deve cavarsela da solo e affitta un appartamento al numero 719 nella 50th Street che condivide con Hugh Brown e Max Huler. Contribuisce in minima parte alle spese comuni perché cantando nei piccoli locali guadagna pochi dollari al giorno e da lì a due mesi trasloca di nuovo.
Quale musica si suonava in quel periodo nei piccoli locali del Greenwich Village, epicentro del movimento della controcultura?. Naturalmente il Folk revival e un tizio segaligno con una chitarra e un’armonica non poteva che essere un folk singer che però si distingueva da tutti gli altri per il suo carisma. Un suo collega lo descrive così: “ Non appena apre la bocca e lascia fluire i suoi versi chilometrici ipnotizza chi lo ascolta. In genere le canzoni non durano più di tre minuti, Bob può arrivare al doppio. C’è solo lui, la sua chitarra e le sue splendide, sconnesse, mistiche parole “.
Di tanto in tanto, mentre compone le prime canzoni ispirate dalla vita newyorkese, gli ritorna in mente il suo eroe, il suo Dio, il Woody Guthrie protagonista di BOUND FOR GLORY che tanta influenza ha già esercitato su di lui da quando ha divorato le pagine che raccontano la sua vita vagabonda. Ora ci ride sopra ma era tanto preso dal suo mentore che per somigliarli si era cucito addosso una falsa identità, quella di un quindicenne orfano scappato da casa in compagnia della sola chitarra.
Viene a sapere che Woody Guthrie è ricoverato presso il Greystone Hospital nel New Jersey, affetto dal morbo di Huntington, una malattia che lo aveva colpito poco dopo i quarantanni e che progressivamente gli aveva causato problemi comportamentali e psichiatrici oltre ad avergli tolto la capacità di muovere i propri muscoli. Prova ad avere una conversazione telefonica con lui ma i medici che lo hanno in cura gli rispondono che non è possibile e allora decide di fare le valigie e di raggiungere la costa Est salendo su un Greyhound bus e non in autostop come narra la leggenda.
In realtà, il Greystone Hospital era una clinica psichiatrica che non lasciava alcuna speranza a chi aveva la sfortuna di entrarci. Era posizionato in cima ad una collina e l’edificio di granito aveva l’aspetto di una tetra fortezza medievale.
Dylan ha un attimo di esitazione sulla soglia della stanza ma poi si fa forza, entra ed è per lui come entrare a far parte di una eredità ancestrale. Eccolo lì il suo eroe che aveva dichiarato di uccidere i fascisti con una chitarra, è malato ma è avvolto nell’aura di una vita consacrata alla musica, alla verità e alla giustizia.
Dopo il primo incontro, le visite che seguono saranno parecchie, si parlano, in verità poco viste le precarie condizioni di Guthrie, ma tanto basta perché i due diventino amici. Forse Guthrie vede qualcosa di speciale in quel ragazzo che fa tutte le cose in fretta.
Racconta Bob Dylan: “ Woody mi chiedeva sempre di portargli le sigarette Raleigh. Di solito passavo il pomeriggio a suonargli le sue canzoni. Certe volte era lui che mi chiedeva questa o quella, RANGER’S COMMAND, DO RE MI, DUST BOWL BLUES, PRETTY BOY FLOYD e BALLAD OF TOM JOAD. Quelle canzoni le sapevo tutte e al tempo ne conoscevo almeno altre settantacinque. Woody non era molto considerato in quel luogo che peraltro era poco indicato per incontrarvi chiunque, meno che mai colui che era stato la vera voce dello spirito americano. Si sentivano lamenti nei corridoi e la maggior parte dei pazienti indossava uniformi rigate, spesso della misura sbagliata. Lo spettacolo era poco rassicurante, ma Woody Guthrie non ci badava affatto.
Non ci sono testimoni di quelle chiacchierate e non sappiamo se Woody abbia dato dei consigli al giovane Dylan e gli abbia confermato che stava facendo le scelte giuste, comunque il giovane folk singer esce rinforzato dagli incontri anche se l’esperienza in quel luogo faceva passare a chiunque i grilli per la testa e prosciugava psicologicamente.
Durante una delle visite, Woody informa Dylan che nella cantina della sua casa a Coney Island avrebbe trovato delle scatole piene di canzoni e di poesie scritte da lui e che se voleva andare a prenderle lui era d’accordo. Cosa che Dylan fece il giorno successivo ma non trovando in casa Margie, la moglie di Guthrie, non se la sentì di scendere in cantina ed impossessarsi del contenuto delle scale. Quarant’anni dopo quei testi sarebbero capitati nelle mani della figlia di Woody, Nora, che trovò in Billy Bragg e il gruppo dei Wilco gli artisti migliori cui affidarli per metterli in musica.
Nel 1962, scrive il pezzo SONG TO WOODY e lo dedica al maestro di una vita inserendolo nell’eponimo album d’esordio. Per il tributo al cantautore dell’Oklahoma utilizza la melodia 1913 MASSACRE, una ballata scritta e pubblicata da Guthrie nel 1941 che racconta la strage di minatori italiani e delle loro famiglie avvenuta durante la festa della vigilia di Natale del 1913 a Calumet in Michigan. E’ così che Il testimone è passato dal maestro all’allievo più bravo.