16 giugno 1983: siamo al Madison Square Garden di New York. Si preannuncia una delle grandi serate pugilistiche tipiche dell’epoca nel grande impianto sportivo newyorkese, diventato ormai la mecca della boxe mondiale: è l’epoca d’oro dello sport dei guantoni, in cui abbondano i grandi eventi e i personaggi iconici, come il grande protagonista del match-clou della serata, il panamense Roberto Duran (detto manos de piedra).
Dopo aver scritto la storia nella categoria dei pesi leggeri, quella sera Duran batte il campione in carica Davey Moore, divenendo campione del mondo della categoria superwelter ed entrando nella leggenda, come uno dei sei pugili capaci di diventare campioni del mondo in tre differenti categorie di peso.
Tuttavia, per il nostro racconto è necessario fare un piccolo passo indietro al “sottoclou” del programma della stessa riunione, nel quale davanti ad una platea in cui figurano personalità pugilistiche del calibro di Muhammad Ali e Joe Frazier, con il Garden stipato in ogni ordine di posto, si affrontano due pugili ancora non noti al grande pubblico, per i quali quest’ incontro rappresenta l’opportunità per poter sfidare Don Curry, altra figura di vertice di quegli anni, campione del mondo dei pesi welter. Come Duran anche i due pugili in questione, in qualche modo, sono destinati a passare alla storia alla fine di questa giornata.
C’è grande attenzione soprattutto verso uno dei due, lo statunitense Billy Collins da Antioch un sobborgo di Nashville in Tennessee, dove è nato il 21 Settembre 1961: di chiare origini irlandesi, è figlio d’arte, essendo stato suo padre un discreto pugile professionista degli anni’50, avversario tra gli altri del nostro Duilio Loi.
La storia di Collins è quella di una famiglia operaia di una cittadina di provincia: una famiglia che vive in ristrettezze economiche, ma dignitosa. Collins ha la tipica faccia da bravo ragazzo, addirittura fanciullesca, incorniciata nella sua chioma rossa, ma appena sale sul ring, si trasforma in una terrificante macchina da guerra, come evidenzia il suo record che al momento conta 11 vittorie, di cui otto per KO, su altrettanti incontri disputati.
Proprio come nelle grandi narrazioni epiche, di cui la boxe è indubbiamente la trasposizione moderna, l’avversario che Collins si trova di fronte è la sua esatta nemesi: si chiama Luis Resto, portoricano nato a Juncos nel giugno del 1955 e trasferitosi ancora bambino con la famiglia nel Bronx, dove a 14 anni si trova già a scontare 6 mesi in un centro per persone con problemi psichici, avendo preso a gomitate il professore di matematica. Il suo record fino a questo punto parla di 20 vittorie, 8 sconfitte ed un pareggio (dopo una discreta carriera da dilettante che lo vede giungere alla soglia della selezione per le olimpiadi del ’76), per cui i pronostici tendono tutti dalla parte del più giovane dei due contendenti.
Sono, questi, gli anni della grande immigrazione ispanica negli Stati Uniti, che vedono confluire nelle grandi città americane, masse attratte dalla possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita nel grande paese del Nord America, ma che finiscono nella maggior parte dei casi per ingrossare le fila dei diseredati ammassati delle metropoli, dove la malavita è spesso una strada obbligata.
New York, come sempre, è una delle mete principali dei movimenti migratori e così, nelle strade dei grandi quartieri popolari come il Bronx, che dalla seconda metà dell’ottocento avevano visto imporsi la presenza delle prime comunità di immigrati, in particolare italiane ed irlandesi, antenati di Collins, a partire dagli anni ’60 del ‘900 si riempiono di centro-americani, come Luis Resto, per i quali, come accaduto in passato per gli italiani e gli irlandesi, la boxe è in molti casi l’unica strada possibile di redenzione .
L’incontro è previsto sulla distanza delle 10 riprese, che risulteranno di una durezza e di una violenza agonistica devastante. Il leit motiv tattico dell’incontro è chiaro: da un lato il maggior livello tecnico – favorito anche dal maggior allungo – ed il coraggio di Collins, che non disdegna neppure il confronto a viso aperto dalla breve distanza; dall’altro l’aggressività impressionante di Resto, costantemente rivolto alla schermaglia corpo a corpo o comunque con colpi ravvicinati e veloci combinazioni.
Resto sembra assorbire meglio i colpi, tanto che a partire dal terzo round, il volto di Collins comincia a segnarsi sempre più, dapprima sull’arcata sopraccigliare sinistra e successivamente anche all’occhio destro che si gonfia a dismisura.
Nonostante l’incredibile generosità ed abnegazione di Collins, che non dà segnali di cedimento, il pugile di origine irlandese esce dal settimo round con un occhio completamente tumefatto, al punto che l’arbitro si avvicina all’angolo per controllarne le condizioni. Gli ultimi tre round sono i più drammatici, con Collins che dimostra ancora una combattività commovente – addirittura, prima dell’ultimo round, l’angolo di Resto è costretto a fargli aspirate i sali – e che riesce a concludere l’incontro in piedi, stoicamente; ma alla fine di un match di rara intensità agonistica, la vittoria va, contro ogni previsione della vigilia, a Luis Resto, per decisione unanime della giuria.
Il volto di Collins alla fine dell’incontro appare completamente deformato e ridotto ad una maschera inquietante con entrambi gli occhi chiusi e sfigurati, tanto da essere trasportato in ospedale dove gli viene diagnosticata la lesione dell’iride dell’occhio destro e gravi danni a quello sinistro: rischia seriamente di rimanere cieco, ma ciò che è sicuro è che, a 21 anni appena compiuti e con buone prospettive di carriera, Billy non potrà più calcare il ring.
Torniamo però alla fase immediatamente precedente la proclamazione del verdetto: come di consueto, i pugili si abbracciano tra loro e scambiano strette di mano con i rispettivi angoli: ed è in questo momento che il padre di Collins, si accorge che i guanti di Resto sono stranamente leggeri, non presentano cioè lo strato normale di imbottitura che dovrebbero avere: “Hey, non c’è la dannata imbottitura, hanno tolto l’imbottitura dai guantoni!”, comincia ad urlare Collins Sr, inveendo e poi rivolgendosi al commissario che sovrintende alla riunione.
Il manager di Resto, il chiacchieratissimo Panama Lewis, cerca di sottrarre il suo pupillo alle attenzioni di Collins padre, del commissario e dell’arbitro, ma lo stesso commissario procede all’ispezione dei guantoni, che danno ragione al padre di Collins, poiché emerge la presenza, all’interno, di un buco profondo, mediante il quale è stata rimossa la metà dell’imbottitura, per cui è come se il pugile portoricano avesse combattuto a mani nude. Il caso finisce davanti alla Commissione Atletica dello Stato di New York, che squalifica a vita Lewis e Resto, mentre il risultato dell’incontro viene aggiornato in un no-contest, cioè un pareggio.
Successivamente, la giustizia ordinaria riconosce i due colpevoli di aggressione, possesso criminale di un’arma (tali erano di fatto diventate le mani di Resto) e cospirazione. Sono condannati, Resto ad una pena da uno a tre anni di carcere e Lewis da due a sei, ma usciranno entrambi dopo averne scontati due e mezzo.
Al di là della vicenda giudiziaria, quella di Collins appare ormai abbondantemente segnata: nove mesi dopo l’incontro, il 6 marzo del 1984, Billy Collins muore in un incidente stradale, finendo dentro un fiume a due passi da casa; si scopre che la causa dell’incidente è legato all’alto tasso alcolico rinvenuto nel sangue. La sua ex moglie, Andrea Collins Nile, giura che dal giorno del combattimento suo marito non è stato più lo stesso, abbandonatosi all’alcool e caduto irrimediabilmente in depressione a soli 22 anni. La moglie di Collins, così come il padre, è sicura che non si sia trattato di un incidente, bensì di un suicidio scientemente perseguito da Billy per metter fine alle sue sofferenze.
A distanza di anni restano ancora molte ombre circa il comportamento da parte degli organi di controllo nei vari momenti antecedenti, contemporanei e posteriori all’incontro; intanto appare incredibile che l’arbitro possa non essersi accorto di nulla ed in secondo luogo non si capisce perché il commissario, pur constatando subito la fondatezza dell’osservazione del padre di Collins, non abbia proceduto alla confisca dei guanti.
A complicare ulteriormente la ricostruzione, si aggiunge anche il mare di menzogne ed occultamenti messi in atto da parte degli imputati, che riescono a celare il fatto più clamoroso e sconvolgente, che verrà fuori solo dopo diversi anni, nella preparazione del docufilm della Hbo dedicata all’episodio, Assault in the ring. Resto, fino ad allora aveva negato di essere a conoscenza di qualsiasi elemento in grado di spiegare l’accaduto, ma se si guardano attentamente le scene della conclusione del combattimento, in effetti non appare né sconvolto, né disorientato dalle accuse mosse da Collins Sr., quanto piuttosto preoccupato di cercare il sostegno del suo angolo.
Finalmente, le dichiarazioni rilasciate da un Resto in lacrime, non solo dimostrano la sua contezza dell’accaduto, ma soprattutto svelano una verità ancor peggiore e più raccapricciante di quanto già appurato dalle indagini: sul suo bendaggio, lo staff aveva spruzzato una polvere indurente, una sorta di stucco a presa rapida e pare, peraltro, che tale stratagemma fosse stato usato anche in altri due incontri precedenti. In pratica, è come se Collins fosse stato colpito da una raffica di sassi; Resto stesso, dopo alcuni minuti, non era più in grado di articolare il movimento delle sue dita. Secondo la versione del portoricano, sarebbe stato lo stesso Lewis a decidere di adottare l’espediente, a causa di un grosso giro di scommesse attorno al match, che avrebbe visto il manager coinvolto in prima persona.
Al di là del tragico destino di Collins, questa storia ha segnato inesorabilmente anche la vita di Luis Resto: uscito dal carcere, non è ovviamente mai più tornato in possesso della licenza per l’attività agonistica e dopo aver vissuto per 10 anni in uno scantinato di 6 metri quadrati sotto una palestra, senza bagno, lontano dai figli, dalla moglie e dai nipoti. Resto, divorato dall’alcol e dalla droga ed in preda ad una pesante depressione, a 65 anni non riesce praticamente più a dormire, in preda agli incubi. Tornato nel Bronx, ha cominciato il suo percorso di redenzione, allenando i ragazzi in una palestra del suo vecchio quartiere.
Al contrario, Panama Lewis, il vero manovratore della vicenda, pur nell’occhio del ciclone anche per altri episodi, ha saputo aggirare senza problemi la revoca della licenza, continuando a guadagnare soldi con la boxe, allenando pugili diventati campioni del mondo e proseguendo con la sua vita lussuosa.
Durante la lavorazione di Assault in the ring, Resto ha cercato in ogni modo, grazie anche alla mediazione del regista Eric Drath, di riappacificarsi con i Collins, andando addirittura a bussare direttamente a casa loro nel Tennessee, per provare a scacciare i suoi fantasmi, ricevendo però il fermo diniego del padre di Billy, dal quale si è sempre sentito ripetere la stessa frase: “Me l’avete ucciso!”.
Oggi Resto insegna pugilato a diversi giovani con vite problematiche alle spalle; ma oltre alla boxe, insegna loro anche la lealtà, l’unico modo possibile, da parte sua, per pagare il tributo per il vilipendio perpetrato nei confronti della Nobile Arte, da lui e dal suo staff, quella maledetta sera del 16 giugno 1983.
Per saperne di più
Per chi volesse approfondire la conoscenza di quest’episodio, su YouTube sono disponibili due documenti straordinari in lingua inglese: la cronaca integrale del match
oltre a vari singoli spezzoni ed il già citato documentario Assault in the ring
di grande intensità narrativa e drammatica.