Ormai sta diventando una costante, il ritrovarci a dissertare su quante decine di artisti italiani, che si esprimono in inglese, propongono una musica di alto livello che nulla ha da invidiare a molti loro colleghi di oltre Oceano i quali, da parte della nostra critica musicale, vengono osannati e riveriti spesso anche oltre misura. Emanuele J. Sintoni, all’uscita di ogni suo disco, non si discosta dal rientrare in questa considerazione.
Il chitarrista e cantautore cesenate con Where I Belong, giunge al sesto album e l’impressione è che ormai abbia abbandonato, da tempo e forse definitivamente, il rock blues degli esordi a vantaggio di un folk-country, venato delicatamente di blues, con uno stile delle radici del sud degli Stati Uniti, ciò anche per aver condiviso il palco, in dieci tour italiani (ed essere diventato amico), con il grande songwriter dell’Alabama Grayson Capps, dal quale ha evidentemente assimilato parte dello stile nel costruire i suoi brani.
Per questo album è accaduto un altro fatto, Emanuele, desideroso di coinvolgere un gruppo di amici-colleghi che stima e che ha incontrato lungo la strada in questi anni, ha deciso di andare a domicilio da ognuno di loro, attraversando l’Italia del centro nord, armato del suo studio portatile e registrare ogni pezzo in presa diretta, riuscendo in tal modo ad usufruire di piccoli ma significativi camei da parte loro. Unica eccezione, ovviamente per questioni logistiche, Grayson Capps che ha registrato le sue parti in Alabama. Ecco allora le presenze di eccellenti strumentisti (e backing vocalist) a cominciare dal formidabile Don Antonio (Gramentieri) (electric guitar), e poi Enrico Cipollini (dobro), Jama (guitars), Chris Horses (electric guitar), Francesco Biadene (lap steel), Thomas Guiducci (banjo), Marco Pandolfi (harmonica), Bati Bertolio (accordion), Andrea Taravelli (double bass).
Ne è uscito un disco molto bene suonato, che in primis punta la posta maggiore sui testi e sulla bella e calda voce di Emanuele, sempre intrisa di una ammaliante malinconia, per un album ricco di canzoni introspettive ed evocative che hanno il pregio di entrare sempre più sotto pelle ascolto dopo ascolto.
Sono quindici canzoni che in tre minuti, e anche meno, arrivano dritte al punto, ci portano con gentilezza e profondità nell’universo di J. Sintoni, romagnolo educato e schietto che non necessita, per mostrare la propria classe, di girarci troppo attorno, infatti, con pochi tratti di penna ci parla del suo mondo spesso imperniato sul musicista che si esprime attraverso le proprie canzoni e che spesso, proprio queste, rimangono l’approdo sicuro e la “certa” compagnia, come accade nell’introduttiva Alone With My Songs il cui testo nella strofa cruciale dice “Mi sono fatto molti amici ai quali le mie canzoni ricordavano un vecchio amore perso ma poi ne hanno incontrati dei nuovi, hanno dimenticato le mie canzoni e molte persone sono cambiate e se ne sono andate”.
Le canzoni e gli allontanamenti forzosi al centro delle tematiche, come nell’ottima Away From Home in cui interviene anche Grayson alla voce e resofonica, oppure come nella delicata folksong Lights in cui addii e ritorni si alternano in una miscellanea di sentimenti contrastanti. In evidenza anche lo splendido country blues Hurry, Hurry, che tra fango, evocazione di crocicchi e diavolo, ti paracaduta a New Orleans. Notevoli anche The Name of Things e Seven Days of Rain, ma rappresentano solo una preferenza da un album che potrebbe benissimo provenire da un porch della Louisiana e si segnala come una delle uscite con cui avremo a che fare nelle liste di fine anno.
- Alone With My Songs
- Tall On This Earth
- Goodbye
- The Kindest Smile In Avalon
- Free To Waste Our Time
- Among The Sunflowers
- Until I Run Out Of Songs
- Away From Home
- Hurry, Hurry
- The Name Of Things
- Rest And Survive
- Seven Days Of Rain
- Gonna Take A Little
- Lights
- The Flight Of Birds