Gianpaolo Mastropasqua
Ologramma in La minore. Accordatura orchestrale 432 Hz, Caosfera Edizioni, 2019, ristampa 2023, pagg.53, Euro 14,00

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Gianpaolo Mastropasqua non è solo una delle voci più interessanti ed originali della poesia italiana contemporanea, ma è soprattutto una di quelle figure preziose di intellettuali (purtroppo sempre meno frequenti ed in particolare,  mi permetto di aggiungere, soprattutto nel mondo della poesia) con una varietà di interessi e competenze, in grado di spaziare dalla letteratura alle scienze sociali, dalle arti visive alla musica, tutti ambiti che Mastropasqua conosce approfonditamente per praticarli professionalmente.

Nato a Bari nel 1979 e residente nel sud della provincia barese a Santeramo in Colle (zona di grande afflato artistico e culturale ed area di convergenza di diverse suggestioni culturali), Mastropasqua è infatti psichiatra di livello internazionale, musicista (in particolare clarinettista) ed insegnante di musica, nonché animatore culturale di alto livello; in ambito poetico è anche componente di importanti collettivi poetici nazionali ed internazionali, impegnato in progetti di notevole spessore, come il Liceo poetico de Benidorm in Spagna ed i Poeti per la cultura della pace.

Proprio la commistione dei suoi vari interessi, ha dato vita nel corso del tempo ad uno stile di scrittura poetica versatile e difficilmente comparabile ad altre esperienze del panorama (globalmente sterile dal punto di vista delle capacità di innovazione) della poesia italiana, nel quadro di una produzione personale prolifica, cominciata ormai nel 2005 con la pubblicazione della sua prima silloge dal titolo eloquente di Silenzio con variazioni, in cui già emerge la ricchezza delle influenze della sua scrittura – in particolare di quella musicale – cui sono seguiti altri cinque lavori, prima di quello che ai accingiamo a commentare.

In qualche modo, quest’ultima raccolta di Mastropasqua, si ricollega direttamente nel titolo, alla sua opera d’esordio, nel riferimento al retroterra musicale dell’autore, che richiama oltretutto ad un’affascinate teoria musicale, alla quale è interessante accennare, non solo per la sua importanza culturale, ma anche perché  fondamentale per poter comprendere appieno l’opera che andiamo a presentare.

Intanto, cominciamo col dire che per accordatura si intende, come da definizione tecnica,  “il processo di regolazione di uno strumento musicale affinché sia perfettamente intonato rispetto al sistema di intonazione vigente o proprio allo strumento stesso“; per determinare univocamente il livello dell’accordatura si utilizza la frequenza del La centrale, che dopo una serie di dibattiti teorici, venne stabilito sulla frequenza di 440 Hz. Già dall’800 però, diversi musicisti, tra i quali Giuseppe Verdi, avevano proposto di stabilire come misura standard i 432 Hz, che continuerà ad essere definita come Accordatura aurea, utilizzata da diversi grandi musicisti della storia: Mozart, Pink Floyd, Rolling Stones, solo per citarne alcuni.

L’attrattività di questa frequenza, è legata al fatto che secondo i fautori di tale teoria, sarebbe la stessa della natura, diventando in qualche modo rappresentativa di una diversa modalità di rappresentazione del mondo e del cosmo, contro le convenzioni stabilite, a loro volta frutto della manipolazione umana sulla natura stessa.

Mastropasqua dunque, attribuisce una grande importanza alla componente musicale nella sua scrittura, costituita dal ritmo, che il poeta pugliese maneggia con grande maestria, scomponendolo e ricomponendolo in base alle sue esigenze espressive e che si riflettono anche nella modalità di redazione delle sue poesie, per la quale il poeta si rifà allo schema del calligramma (che costituisce il riferimento all’ologramma del titolo) di Apollinaire, poi ripreso da Dylan Thomas; ed è probabilmente quest’ultimo  il vero riferimento stilistico del poeta in questo progetto, come attesta anche la trasposizione del brano Who are you del poeta gallese nella traduzione italiana, riportato come incipit del volume.

Siamo quindi di fronte ad un’impostazione che intanto destruttura il tradizionale verso lineare, piano; inoltre lo fa seguendo delle variazioni di matrice prettamente ritmica, per crescendo decrescendo, tramite aggiunte e sottrazioni lessicali, che determinano vertiginosi saliscendi musicali nella strutturazione del verso.

Siamo di fronte a soluzioni che ipnotizzano il lettore per i loro continui mutamenti di indirizzo e la loro capacità di mettere a nudo, con la loro successione di vuoti e pieni,  l’aleatorietà della costruzione tradizionale di significati: soluzioni che dischiudono articolazioni diversificate mediante nuove associazioni semantiche e nessi antropologici che offrono un possibile modello di rappresentazione dello tsunami espressivo e linguistico che la liquefazione dei mondi tradizionali comporta, sotto la spinta delle accelerazioni della nostra epoca.

L’elemento determinante di questa modalità compositiva è la variazione delle sillabe toniche, che le conferisce quella tipica sensazione di crescita e decrescita, trasposte mediante delle variazioni di vibrazione dell’energia stessa del testo, rintracciabili nel confronto continuo (quasi una tenzone) tra una voce maschile (Io) la cui frequenza si esprime nella tonalità del La minore ed una femminile (Tu), sintonizzata sulla relativa scala maggiore e cioè quella di Do; sono le due scale musicali base, rispettivamente di modo minore e maggiore,  i due modelli che permettono più immediatamente l’impatto emotivo del confronto fra le due voci.

A completare l’impalcatura costruttiva della scrittura è il gioco sinestetico tra la tensione polifonica e quella visiva nella dimensione spaziale dell’ologramma, che amplia la parola in immagine tridimensionale, anche in questo caso scomponendo la rappresentazione spaziale convenzionale e disegnando contorni destrutturanti e risemantizzati, rispondente al ridefinizione dei confini prospettici che la rivoluzione digitale e le nuove frontiere della fisica, evidentemente impongono.

Anche la suddivisione dei brani in testi doppi, risponde alla teoria musicale del canone inverso, cioè della presentazione della forma del testo, ribaltato poi nel suo contrario, come accade nella fotografia quando le si contrappone il suo negativo, riprendendo il testo in Do maggiore dalla conclusione di quello in La minore e ribaltandolo con opportuni aggiustamenti.

Non esiste evidentemente un solo modo di guardare la realtà, ma è sempre direttamente conseguente all’angolo di osservazione che ciascuno di noi assume, come accade all’antropologo durante le sue osservazioni sul campo, la cui interpretazione varia, in relazione alla posizione assunta rispetto all’oggetto; e proprio questa capacità di saper interpretare il mondo secondo un dettame antropologico, è una chiave di lettura fondamentale che la poesia – espressione artistica privilegiata per l’osservazione dell’uomo e della società – può offrire per  un’interpretazione appropriata della realtà frastagliata, pulviscolare odierna.

La scrittura procede nel senso illustrato, fino a quando – riprendo la brillante ricostruzione operata nella prefazione al volume da Valentina Colonna – si incaglia nel Fa minore, determinando un momento di rottura, che anche visivamente viene testimoniata nel passaggio dalla struttura a rombi a quella a clessidra dei due triangoli ribaltati che si intersecano solo nel centro, per mezzo di una parola monosillabica che testimonia l’incapacità per l’uomo di arginare la parola.

Attraverso quest’accorgimento, Mastropasqua ci riconduce in profondità a quello che è lo spirito originario, la ragione profonda di questo suo lavoro, che sembra muoversi in una duplice direzione estetico – espressiva ed antropologica; da un lato si preoccupa di individuare un canone rispondente alla necessità di formulare un modello comunicativo che rifletta l’evoluzione dell’operazione mimetica (che sottende la creazione poetica) in rapporto all’obsolescenza rapida ed alla destrutturazione dei linguaggi convenzionali.

Al tempo stesso, sembra preoccuparsi di improntare la sua poesia secondo un senso etico che si prefigge di ricollocare correttamente l’uomo nella sua posizione finita, caduca, rispetto alle forze che governano il mondo, svellendo il delirio umano del dominio sulla natura, accentuato dallo sviluppo della tecnica e del digitale, parossismo all’origine dei tanti mali e della distruzione che sembra contrassegnare drammaticamente la nostra epoca: un’epoca, cui evidentemente manca l’esempio di un’arte e di una poesia ancora capace di fornire una visione del mondo, una weltanschauung, che ricalchi la grande tradizione umanistica e che rimetta l’uomo nella sua giusta dimensione cosmica ed antropologica.

Ontologicamente è questa la connotazione che caratterizza da sempre la grande poesia (nonché la grande arte in genere) ed è questa la peculiarità ed il merito notevole della scrittura di Mastropasqua: valorizzare una poesia densa di pregnanza filosofica trascendente, che si sforzi di oltrepassare i limiti della crosta superficiale della rappresentazione artistica corrente – piegata in qualche modo alle convenzioni dei vari poteri dominanti – ed in grado di offrire al contempo delle chiavi di lettura più approfondite della nostra contemporaneità storica.

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