Fattaneh Seyed Javadi – La scelta di Sudabeh
Francesco Brioschi Editore - 2017 - Pagg. 462 - Traduzione di Anna Vanzan

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Mi sono appassionata alla letteratura iraniana e agli scritti di quell’area geografica, grazie ai suggerimenti di amici lettori che la conoscevano già e me la hanno proposta con entusiasmo.
Non ne sono rimasta affatto delusa e questo romanzo ha confermato l’originalità e la ricchezza dei racconti ambientati in quella terra.

Con La scelta di Sudabeh siamo a Tehran nel periodo seguente la rivoluzione di Khomeini.
Sudabeh è una giovane ragazza dell’alta società, innamorata di un uomo non all’altezza della sua cultura e del suo rango, osteggiata nel suo amore dai genitori che, per convincerla a desistere dall’intento di sposare un ragazzo tanto diverso da lei, decidono di metterla a conoscenza della vita della zia Mahbubeh, donna ormai vecchia, la cui esperienza e i cui dolori dovrebbero esserle di monito e insegnamento.

Con questo espediente narrativo, l’autrice ci trasporta nel periodo pre-rivoluzionario, tempo nel quale restiamo per la quasi totalità del romanzo, in una Tehran divisa nettamente tra poveri che vivono in quartieri polverosi, rumorosi e insalubri, e ricchi, facoltosi, moderni, che vivono in lussuose ville circondate da fontane e giardini rigogliosi.

Mahbubeh è figlia di una coppia nobile, abituata agli agi e alla servitù, i cui genitori permettono alle proprie ragazze di studiare, che ne rispettano le attitudini e le crescono nella consapevolezza del proprio valore. Certo è che il peso della tradizione culturale si fa ancora sentire pesantemente ed è normale, anche per i moderni genitori di Mahbubeh, combinare matrimoni all’altezza della propria posizione sociale, ma, nel rispetto della capacità decisionale delle figlie, assecondare anche il loro desiderio di sposare uomini che esse gradiscono.

Mahbubeh, ancora quindicenne, bella e sfrontata, si innamora pazzamente di Rahim, garzone del falegname, e rifiuta, per seguire il suo sogno, giovani “adatti” al suo stile di vita e graditi dalla sua famiglia. La sua ostinazione è tale che decide di sposare Rahim nonostante la ferma opposizione dei genitori che, delusi e amareggiati dalla sua scelta, tagliano con lei i rapporti, pur continuando a tutelarla da lontano.
La sua sarà una storia di dolore lancinante, di pentimento e violenza, di isolamento e perdita di identità, una situazione da cui riuscirà a salvarsi con fatica e determinazione, solo dopo anni e contando sull’aiuto del padre.

Leggendo la storia di Mahbubeh, mi sono stupita della libertà delle donne nell’Iran di quegli anni: io, cresciuta dopo la rivoluzione di Khomeini, ho sempre conosciuto quel paese dominato dai rigidi precetti della religione musulmana più estremista, che proibiva alle donne di mostrare i capelli, di studiare, di scegliere il proprio futuro. Mahbubeh e le sue sorelle si vestono invece all’occidentale, indossano il velo, ma sono libere anche di alzarlo per mostrare il loro volto, studiano, amano la musica e la lettura. La religione è sicuramente presente e la donna è tenuta al rispetto del marito, ma può dire la sua e ottenere il divorzio.

Non ho empatizzato molto con la protagonista, che ho trovato capricciosa e volitiva, anche se ne ho ammirato la determinazione nel contestare i precetti paterni e lottare per il suo amore. Piano piano, il suo errore di valutazione acquisirà tutto il suo peso e la spingerà a ribellarsi e tornare indietro, ma Mahbubeh è comunque una privilegiata, una donna di estrazione nobile, la cui famiglia ha un grande peso sociale e il cui padre può difenderla e toglierla facilmente da una situazione diventata terribile per lei.

Arrivata a questa parte del romanzo, continuavo a chiedermi che cosa ne sarebbe stato di lei se invece fosse appartenuta a una famiglia povera e quante donne, nel suo stesso stato, siano state costrette al silenzio e alla rassegnazione. Mahbubeh avrà un’altra possibilità, conoscerà la differenza tra passione cieca e amore maturo e profondo e pagherà per sempre il peso della sua ostinazione scellerata, ma almeno sarà salva dalla violenza, potrà tornare indietro. Temo che per la maggioranza delle donne nella sua stessa condizione, questa possibilità non sia stata neanche considerata.

La scelta di Sudabeh è un romanzo maestoso, lungo una vita, che descrive, con una scrittura ricca e piacevole, una città e un’atmosfera che oggi temo non esistano più.

La famiglia di cui si racconta è molto benestante, vive nel lusso, nella serenità di una situazione economica sicura e nella consapevolezza del proprio peso sociale. Inevitabile il confronto con la casa semplice e il quartiere rumoroso in cui finirà Mahnubeh dopo il suo matrimonio con Rahim, i rapporti umani improntati al pettegolezzo, alla perpetuazione di una cultura basata su una tradizione di donne sopraffatte, proprietà dei mariti, esseri muti e isolati, costretti alla rassegnazione.

Mi è molto piaciuto immergermi tra le vie di Tehran, assaporarne i sapori, annusarne i profumi, addentrarmi per le vie di una città assolata in estate e innevata e fredda in inverno, lasciarmi cullare da descrizioni piacevoli e sontuose. Ho amato conoscere la storia di Mahnubeh, mi sono arrabbiata con lei e ne ho avuto compassione, ho imparato con questa donna a distinguere ciò che significa un amore profondo e maturo, l’amore di Mansur, da una passione che invece brucia come un fiammifero e distrugge un’esistenza intera, come l’amore di Rahim.

Io non m’aspetto da te quella passione che nutrivi per Rahim, ma lascia che mi metta al tuo servizio. Lascia che plachi le tue angosce, lascia che diventi tuo marito; l’amore seguirà. L’amore è come il vino, Mahbubeh, devi lasciarlo giacere per anni e anni affinché sedimenti e riveli il suo sapore, perché diventi inebriante. Altrimenti brucia come la febbre e ci si ubriaca subito. Dammi una possibilità, forse posso renderti felice.

Il mio corpo era ancora giovane e combatteva col mio spirito prostrato. Ma ero anche spaventata da quello stesso corpo che vedevo vincere su di me. Il mio cuore era di nuovo caldo; mentre la mia razionalità mi diceva di distaccarmi dal mondo e di ritirarmi in un angolo tranquillo, lui mi trascinava nei piaceri e nelle dolcezze della vita. Solo che questa volta lo faceva in modo calmo e tranquillo, in modo maturo, ponderato. Forse che una parte delle mie preghiere era stata esaudita?

E poi ci sono le donne, oltre la protagonista, le sue sorelle, donne pratiche e accoglienti, sua madre, dolce e sensibile, le zie, pettegole e impiccione, la terribile suocera, la dolce Nimtaj, prima moglie di Mansur, una galleria di personaggi indimenticabili che incarnano l’essenza di una cultura gioiosa e aperta le cui radici si perdono nel tempo e che oggi vengono annegate in un rigore religioso che ne impedisce il fiorire.

Sudabeh dovrà scegliere cosa fare della sua vita e del suo amore e, alla fine, dovremo forse anche noi farlo insieme a lei.

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