Derek Walcott
La ricerca di rotte poetiche fra Omero ed i Caraibi

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POETICA

Sir Derek Alton Walcott (nato a Castries il 23 Gennaio 1930 e morto a Cap Estate il 17 Marzo 2017) poeta e drammaturgo caraibico dell’isola di Saint Lucia, è stata una delle voci più autorevoli della storia poetica del XX sec. e dell’inizio del XXI, premio Nobel per la letteratura nel 1992, al culmine di una serie di prestigiosi riconoscimenti ricevuti lungo tutto l’arco della sua carriera artistica e proseguiti anche negli anni successivi al Nobel.

Walcott nasce e cresce a Castries, capitale di Saint Lucia – in quelle che una volta si chiamavano, nell’ambito del Commonwealth, Indie occidentali – in una famiglia di discendenza inglese, olandese ed africana, coltivando fin da bambino l’interesse per la consapevolezza della complessità culturale della sua terra, componente fondamentale della sua opera poetica.

Il giovane Derek si forma in un ambiente culturalmente stimolante, grazie a sua madre, insegnante presso una scuola metodista, amante delle arti e della poesia e che spesso declama versi ai suoi figli, che quindi si interessano fin da piccoli alla poesia ed alla pittura; ed è proprio la pittura il primo ambito artistico in cui si cimenta Derek, influenzato da Cézanne e Giorgione,  conseguendo eccellenti risultati che lo conducono ad esporre in contesti prestigiosi come l’Anita Shapolsky Gallery di New York.

Dal punto di vista poetico, i suoi punti di riferimento iniziali sono soprattutto Thomas Eliot ed Ezra Pound, nel quadro di quella che Walcott avverte come una vera vocazione; come scrive in un suo componimento: “Quarant’anni fa, nell’isola della mia infanzia, ho sentito che la poesia mi ha fatto dono di essere un suo prescelto”.

Ed infatti, Walcott pubblica il suo primo componimento poetico a soli quattordici anni, un sonetto nello stile di Milton, comparso nel giornale locale The Voice of St Lucia che per primo rivela il talento del poeta caraibico.  A 19 anni, Walcott ha già pubblicato le sue prime due raccolte, 25 Poems (1948) e Epitaph for the Young: XII Cantos (1949), trovando nel critico e poeta delle Barbados Frank Collymore, un convinto sostenitore

L’opera di Walcott è fortemente legata al suo coinvolgimento per la storia coloniale e post-coloniale dei Caraibi, tanto che la prima antologia complessiva delle sue pubblicazioni, dal titolo, In a Green Night: Poems 1948–1960, apparso nel 1962, riscuote una grande attenzione da parte della critica internazionale, proprio perché rivela, ad un pubblico più ampio, la sua capacità di racchiudere e condensare la storia in poesia.

Analogamente, il suo lavoro teatrale Dream on Monkey Mountain (1970),  in conseguenza dell’interesse coagulatosi attorno ai contenuti storici della sua opera, viene prodotto negli Stati Uniti dalla NBC, ottenendo un notevole successo ed in seguito anche altri suoi drammi teatrali verranno prodotti e proposti dalla televisione statunitense.

Nel 1981 ottiene la docenza di letteratura e scrittura all’università di Boston (dove fonda anche il Boston Playwrights’ Theatre), incarico che manterrà fino al 2007, entrando nel frattempo nel gotha della poesia mondiale, apprezzato e celebrato anche da altri grandi poeti, con i quali stringe amicizia, come Josif Brodsky (che risiede negli U.S.A dopo essere stato esiliato dal regime sovietico) e Seamus Heaney. Dal 2010 è docente di poesia all’università dell’Essex in Gran Bretagna e continuerà a scrivere ininterrottamente fino agli ultimi anni della sua vita, pubblicando l’ultima silloge poetica nel 2016 e l’ultimo lavoro teatrale nel 2014.

L’opera unanimemente definita come il capolavoro di Walcott (nel quadro comunque di un livello compositivo qualitativamente sempre molto alto) è senza dubbio Omeros (pubblicato nel 1990), che da solo riassume in qualche modo la sua poetica; mentre fra le  pubblicazioni successive spiccano titoli quali, I levrieri di Tiepolo (2000), The Prodigal (2004, non tradotta in italiano) e Egrette bianche (2010), quest’ultima in particolare insignita del premio Eliot e del premio Bocas per la letteratura caraibica.

Come detto, Omeros costituisce l’opera monumento di Walcott, sorta di moderno poema epico: una concezione di ampio respiro, rivelato già dal titolo, in cui si appalesa il nucleo ispirativo, legato all’Iliade. Omeros dopo aver guadagnato diversi riconoscimenti negli Stati Uniti, dischiude al poeta di Saint Lucia le porte del Nobel 1992, nella cui motivazione si loda di Walcott, “l’opera poetica di grande luminosità, sostenuta da una visione storica, risultato di un impegno multiculturale”.

Omeros, protagonista del poema ed aedo del tempo presente, racconta la storia di due pescatori, Ettore e Achille, innamorati della stessa donna, Elena, sensuale cameriera di un hotel di Saint Lucia, in una gamma narrativa contornata di svariati personaggi, ognuno dei quali, principali o secondari, è illuminato nei suoi tratti caratteristici dalla ricchezza irruente delle metafore del linguaggio di Walcott, riflesso anche nell’impianto onomastico, gestuale e concettuale, che richiama, anche con la presenza della componente ironica, quelli dei corrispondenti eroi greci.

Ma Omeros racconta anche la storia di un tradimento: l’isola, contesa nel passato tra francesi e britannici, viene infine consegnata ai turisti, con la poesia che continua a vegliare sui personaggi del poema e sull’isola stessa (che alla fin fine si rivela la vera protagonista) offrendo un’ancora di salvezza e riscatto dalla volgarità dei tempi.

Notevole è anche la ricchezza dell’ambientazione geografica laddove, sebbene la vicenda sia inquadrata nell’isola natale del poeta, Walcott riprende anche scene tratte da altri contesti, come Brooklin, il Massachusetts, le atmosfere africane (che contornano il sogno del viaggio di Achille verso il continente dei suoi antenati) o le esperienze di viaggio del poeta stesso a Lisbona, Londra, Dublino, Roma e Toronto.

In una sorta di visione onirica infatti, il protagonista riesce a recuperare per sé e per tutti gli altri africani la terra edenica dalla quale sono stati strappati; ma si lascia poi travolgere egli stesso nella spirale delle vendette e dei pregiudizi, commettendo una serie di violenze del tutto analoghe a quelle degli aguzzini del suo popolo; si rende conto così della sterilità insita in ogni rivendicazione razziale, che trascina sempre con sé l’ossessione della purezza etnica, preludio di alcune tra le peggiori atrocità della storia.

In particolare, risulta emblematico l’incipit del terzo capitolo del poema, “The Schooner Flight: «I had no nation now but the imagination/Non avevo alcuna nazione, ma solo l’immaginazione”; emblematico perché la vera identità di Walcott consiste nel non averne una precisa, riflesso che si scorge anche nella sua poesia che non è catalogabile, perché non aderente ad alcuna scuola occidentale.  In realtà Walcott si è impossessato della lingua dell’impero, è vero, ma l’ha usata per descrivere i suoi orrori, le sue contraddizioni e le sue debolezze e come scrive sempre in The Schooner Flight: “That’s all them bastards have left us: words/È tutto ciò che quei bastardi ci hanno lasciato: parole”.

Non a caso, in tutta la sua opera poetica, Walcott mostra di essere uno dei maggiori forgiatori di parole della storia della poesia, maneggiandole con grande capacità musicale, con la forza e la vitalità delle sue metafore, con l’irruenza delle sue immagini.

A questo trionfo quasi erotico del suo uso della parola, Walcott affianca un forte senso della spiritualità, frutto della sua formazione metodista, tanto da aver dichiarato più volte di non aver mai separato l’arte della scrittura dalla preghiera, vivendo la predisposizione artistica come l’esternazione di una vocazione.

Tornando al nucleo principale della sua ispirazione poetica, il processo di colonizzazione subito dalla sua terra, Walcott ha sempre sostenuto che in fondo ciò che è stato sottratto loro dal processo coloniale è stata anche la fortuna dei Caraibi ed in particolare degli scrittori caraibici, offrendo loro la possibilità di gestire una lingua (con i vari sincretismi creatisi sulle isole dei Caraibi) e di descrivere un mondo, sconosciuti, con il privilegio che tale libertà può offrire ad uno scrittore dal punto di vista espressivo e creativo.

Ritroviamo riflessa efficacemente tale condizione, nella poesia The Castaway (1965), in cui descrive la condizione culturale caraibica e la situazione nella quale si ritrovano gli artisti di quelle terre,  utilizzando la metafora del naufragio – rifacendosi al Robinson Crusoe di Defoe – condizione riassunta nella libertà e nella sfida di cominciare daccapo, creando qualcosa di nuovo, confidando sulla forza redentrice della parola, della musica e dell’arte in genere.

POESIE

 

IL PORTO

Il pescatore che rema verso casa all’imbrunire
Non considera la quiete in cui si muove,
Così io, poiché il sentimento fa annegare, più non dovrei chiedere
Il crepuscolo sicuro che le tue mani calme davano.
E la notte, spronatrice di antiche falsità,
A cui ammiccano le stelle che sorvegliano le alture,
Non dovrebbe udire alcun segreto che ci sfugge; il tempo
Conosce quel mare scaltro e amaro, e l’amore erige muri.
Eppure gli altri che ora mi osservano avanzare verso il largo,
Su un mare che di ogni parola d’amore è più crudele,
Possono vedere in me la calma che il mio passaggio crea,
Sfidando nuove acque in un antico imbroglio;
E i protetti dal pensare possono imbarcarsi sicuri sulle navi
Sentendo brusii di rematori annegare accanto agli astri.

CORALLO

La forma di questo corallo echeggia la mano
Che ha incavato. La sua

Assenza immediata è un peso. Come pomice,
Come il tuo seno nella coppa del mio palmo.

Freddo di mare, il suo capezzolo raspa come sabbia,
I suoi pori, come i tuoi, brillavano di sudore salmastro.

Nell’assenza i corpi rimuovono il loro peso,
E il tuo corpo liscio, come nessun altro,

Crea un’assenza esatta come questa pietra
Posata sopra il tavolo con una fila di ricordi

Che scolorano, sfida la mia mano a reclamare
Ciò che le mani degli amanti non hanno mai saputo:

La natura del corpo dell’altro.

PREPARANDOSI ALL’ESILIO

Perché immagino la morte di Mandel’štam
tra le noci di cocco ingiallite,
perché il mio dono si guarda già alle spalle
per sorprendere un’ombra che riempia la porta
ed eclissi questa stessa pagina?
Perché la luna si espande in una lampada ad arco
e l’inchiostro sul pollice si prepara a essere pressato
davanti a un sergente che scrolla le spalle?
Cos’è questo odore nuovo nell’aria
che un tempo era sale, che sapeva di lime all’alba,
e il mio gatto, so che me lo immagino, salta davanti al mio passo,
e gli occhi dei miei figli sembrano già orizzonti,
e tutte le mie poesie, persino questa, vogliono nascondersi?

 

Suggerimento di lettura dell’autore

Data l’importanza e la prolificità dell’opera di Walcott, suggeriamo due titoli per chi volesse approfondire la conoscenza del poeta. Uno è sicuramente Omeros, non solo perché si tratta dell’opera più rappresentativa del poeta caraibico, ma anche perché, trattandosi di un poema, va letto nella sua interezza per poterlo apprezzare compiutamente. Il lavoro è disponibile in italiano, edito da Adelphi, per la curatela di Andrea Molesini, pubblicato nella prima edizione nel 2003 e ripubblicato nel 2017.

Sempre dai tipi di Adelphi, proponiamo anche la miglior raccolta italiana di poesie scelte di Walcott, e cioè Isole, apparso nel 2009, a cura di Matteo Compagnoli.

 

 

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