Il disco, Take Me Home, ha raccolto e sta raccogliendo pareri unanimi, ed è stato segnato da tanti, a ragione, fra i migliori usciti dello scorso anno. Da qui, passaggi in radio e l’agenda dei concerti che progressivamente si riempie, anche con la data milanese del 19 Febbraio allo Spirit De Milan.
Un misto di appassionati, addetti ai lavori, musicisti e la comitiva dei blues dancer, hanno riempito la sala dove, sul comodo palco è salito Umberto Porcaro in trio, lui chitarra e voce, Giulio Campagnolo organo, Federico Patarnello batteria. da subito è saltato agli occhi un particolare, si sono presentati in modo elegante, sobrio, Porcaro in abito scuro, Campagnolo in abito grigio con cravatta, Patarnello con una maglia nera, e non perché venivano nella città della moda, ma perché, almeno dal nostro punto di vista, è un riflesso, non tanto incondizionato, del loro stile di blues, non secco ma rotondo, non con inflessioni rock ma piuttosto con sfumature soul.
Nella tradizione neroamericana, blues-soul-r&b -jazz, presentarsi per lo spettacolo in modo curato è da sempre una consuetudine, forse come retaggio di una rivalsa del loro stato sociale, o come parte di un sistema, o una responsabilità verso il pubblico, responsabilità mutuata anche per la parte musicale, com’è avvenuto per il concerto.
Nel trio non c’è il basso, quelle linee le esegue ottimamente Campagnolo all’organo con la mano sinistra, mentre con la destra, alza, abbassa, aggiunge, minimizza, mettendosi senza mai sovrastare, al fianco delle tonalità che grondano blues feeling di Porcaro con la sua gibson rossa, che suona con palese passione, misurato negli assoli e funzionale queando canta, a volte stortando un po’ la bocca (lo faceva anche B.B.King), per modulare le tonalità fosche, calde, con una pronuncia inglese che tradisce la sua italianità. A sorreggere il tutto ci pensa quel gran batterista di Federico Patarnello, tanti anni ad accompagnare artisti italiani e internazionali, uno che potrebbe suonare in una orchestra di musica classica, come in un gruppo di grezzo rock, tanto è abile a capire al volo quando battere o accarezzare tamburi, piatti, charleston.
Umberto Porcaro ha impostato il concerto con i pezzi del disco seguendo più o meno la stessa scaletta, non avendo bisogno in apertura, di usare un convenzionale strumentale shuffle e conseguente giro di assoli per attirare subito attenzione. Run Into My World è già un sigillo di garanzia di come sarà il concerto, i tre sul palco sono affiatati con un fluire di sonorità, ora con un passo chicago blues , It’s My Pleasure To Play The Blues ( su disco con l’ospite Lurrie Bell), la ballata soul oriented Bring Me Down, lo slow blues della classica Ain’t Nobody Business If I Do, l’ottima esecuzione di Don’t Push Me e ancora il feeling della lenta, Rollin Down Below, la cadenzata Cool World (nel disco eseguita con lo stimatissimo chitarrista texano Anson Funderburgh, uno dei punti fermi di Porcare insieme a Otis Rush).
Molto apprezzato anche il momento strumentale, Mountain Cheese composto e condotto da Giulio Campagnolo dal grondante groove, mentre verso la fine del concerto è salita sul palco Daria Biancardi di professione cantante e anche concittadina di Umberto che, con un impeto di tonalità acute ha provato a rendere omaggio ad Aretha Franklin con due pezzi, ma il benessere della serata è sempre stato opera di Umberto Porcaro, Giulio Campagnolo, Federico Patarnello, bravissimi portavoce di una musicalità nera, che salutano un soddisfatto pubblico, prima con la versione di So Many Roads di Otis Rush e poi con Take Me Home.
Foto copertina di Matteo Bossi