Riannodando le fila di un discorso interrottosi cinque anni con l’uscita di Digital Garbage, dopo il quale i Mudhoney sembravano essersi “dissolti”. Nessuna informazione, niente notizie per quella che è stata una delle band di riferimento del Grunge, tanto da indurmi a pensare che fosse arrivato il momento di guardare oltre essendo convinto di una sorta di scioglimento non annunciato. Invece, a sorpresa, i Mudhoney tornano con un disco, questo Plastic Eternity, registrato in pochi giorni ai Crackle & Pop! Studios di Seattle con la produzione di Johnny Sangster (gia alla regia di lavori oltre che dei Mudhoney anche Mark Lanegan, The Posies, The Supersuckers, solo per citare qualche nome).
Il disco, diciamolo subito, non offre particolari spunti che possano determinare grandi motivi di interesse. Il sound è abbastanza cristallizzato e figlio di un tempo che lascia scorie non indifferenti, tali da privare l’emergere di scatti in avanti che facciano destare l’attenzione. I testi mixano riferimenti ambientali e politici, ma il tutto sembra suonare piuttosto stanco, scontato, per quanto ben fatto. Ma non sembra essersi andati oltre ad un compitino messo in atto per assolvere a chi sa quali esigenze.
Mi spiace, ma non ci siamo. Meglio tornare all’ascolto di veri e propri pezzi da novanta come Touch Me, I’m Sick che ha segnato indelebilmente l’esordio di una band importante e che meriterebbe di essere ricordata per pezzi simili e non per un presente così sottotono ed impalpabile.
Tracce
Souvenir of My Trip
Almost Everything
Cascades of Crap
Flush the Fascists
Move Under
Severed Dreams in the Sleeper Cell
Here Comes the Flood
Human Stock Capital
Tom Herman’s Hermits
One or Two
Cry Me an Atmospheric River
Plasticity